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I misteri di castel del monte

Viaggio nel mito alla luce dei risultati della ricerca storica

Appollaiato sulle colline della Murgia barese, Castel del Monte ha da sempre stimolato l’interesse di visitatori, studiosi, lettori che, spinti da motivazioni culturali o da semplice curiosità, hanno cercato di spiegare le ragioni per cui fu costruito da Federico II di Svevia nel XIII secolo e si sono interrogati sulla sua funzione, a partire dalla sua singolare forma architettonica ottagonale.
Nella selva di pubblicazioni fiorita sull’argomento particolare fortuna hanno avuto negli ultimi anni alcuni studi che legano la costruzione di Castel del Monte all’astronomia e all’esoterismo.
Purtroppo, in una società sempre alla ricerca del sensazionale e dell’inspiegabile, la miscela di mistero e magia insita in queste teorie ha trovato un terreno fertile al punto tale da mettere in secondo piano la ricerca “storico scientifica”. Nessuna meraviglia, dunque, se si è fatta facilmente strada nella percezione comune l’ipotesi di Aldo Tavolaro[1] secondo cui Castel del Monte non è veramente un castello, ma un tempio edificato senza alcuna finalità pratica, civile o militare, racchiudente in sé cadenze geometriche e astronomiche sì da farne un autentico scrigno esoterico.
Sulla scia di Tavolaro c’è chi[2] ha ipotizzato un collegamento tra Castel del Monte e la piramide di Cheope, i cui valori dimensionali sarebbero stati inclusi nelle proporzioni della costruzione sveva. Qualcun altro[3] si è spinto al punto da ipotizzare addirittura una cupola d’oro, oggi non più esistente, che in origine doveva far parte dell’architettura dell’edificio.
Filo conduttore di tutti questi lavori resta comunque l’idea di fondo che Castel del Monte non sia un castello ma “altro”, un oggetto misterioso che di volta in volta si arricchisce di connotati diversi.
In un recentissimo lavoro, “Castel del Monte e il sistema castellare nella Puglia di Federico II” a cura di Raffaele Licinio[4], si è cercato di dimostrare la totale infondatezza e inconsistenza di queste teorie alternative, restituendo all’edificio svevo quella identità castellare altrove gravemente compromessa ed inserendolo nel sistema di fortificazioni potenziato e messo a punto da Federico II in Puglia.
In questo volume gli autori dei due saggi[5] dedicati a Castel del Monte passano al setaccio proprio la già citata teoria che lega la costruzione sveva all’astronomia e alla geometria, evidenziando come Tavolaro si avvalga nelle sue dimostrazioni di dati non attendibili, spesso frutto di evidenti forzature, senza alcun riscontro pratico.
L’ipotesi secondo cui la pianta del castello sarebbe il frutto delle ombre proiettate da una parete del cortile interno colpita dai raggi solari in determinati giorni dell’anno, è supportata da verifiche geometriche e trigonometriche che, ad un’attenta analisi, risultano prive di fondamento. Queste dimostrazioni, infatti, si basano su due elementi: l’altezza della parete Sud del cortile interno e la larghezza del cortile in direzione Sud-Nord. I valori attribuiti ad essi da Tavolaro (rispettivamente 20,50 m e 17,87 m) non solo non collimano con quelli misurabili di fatto sul campo, ma non coincidono neanche con quelli desumibili dagli unici rilievi esistenti del castello, risalenti al 1934, altrove utilizzati dallo stesso autore. Questi infatti arbitrariamente assegna alla parete Sud del cortile il valore di metri 20,50 che invece nei rilievi del castello è attribuito alla parete orientale esterna recante il portale d’ingresso. Tavolaro, quindi, associa i due valori non tenendo conto dei dislivelli del terreno che sono di oltre due metri e del fatto che le due pareti non poggiano sullo stesso piano. A ciò si deve aggiungere che alcune misure, come la larghezza della stanza trapezoidale e la lunghezza delle ombre proiettate nei mesi di ottobre, novembre e dicembre, inspiegabilmente cambiano a seconda che si legga la pubblicazione[6] del 1974 o quelle successive a quell’anno[7] sempre appartenenti allo stesso Tavolaro. Da un punto di vista metodologico questo mutamento è scientificamente inammissibile e basterebbe da solo ad inficiare tutta la procedura seguita. In realtà, se noi ci recassimo a Castel del Monte nel giorno degli equinozi, non troveremmo nessuna delle ombre descritte da Tavolaro, così come inseguiremmo invano la divina proporzione negli spazi architettonici del maniero, la cui perfezione geometrica è stata fortemente ridimensionata da recenti studi di un’equipe tedesca[8]. Totalmente ignari delle irregolarità presenti nella pianta del castello, i cultori[9] del “mito geometrico” di Castel del Monte hanno colto paradossali nessi tra la piramide di Cheope e l’edificio svevo: Federico II lo avrebbe fatto costruire tenendo conto dei valori dimensionali della Grande Piramide. Gli arbitri e le inesattezze presenti in questa ipotesi sono numerose. In primo luogo il punto di partenza sono le ombre della teoria di Tavolaro di cui si è già dimostrata l’infondatezza. In secondo luogo vengono confrontate le dimensioni di parti della piramide oggi non più esistenti, come ad esempio la sommità “mancante”, e su cui gli egittologi discutono ancora, con misurazioni tratte da presunte recinzioni ottagonali attualmente demolite che avrebbero circondato il maniero federiciano. Tutto ciò senza considerare che questi muretti erano stati costruiti in età moderna per il ricovero delle greggi e che comunque erano posti a distanza diversa da quella attribuita loro. In terzo luogo, si fa spesso riferimento al cubito sacro come unità di misura utilizzata per la costruzione della piramide di Cheope, dimenticando che si tratta di una misura letteralmente inventata da Charles Piazzi Smith nell’800. Pertanto ha dell’incredibile l’accostamento tra le dimensioni di Castel del Monte costruito, come si sa, in palmi napoletani e le proporzioni della Grande Piramide espresse in cubiti sacri che sono un parto della fantasia di Piazzi Smith. In questa lunga catena di imprecisioni ed incongruenze, di forzature ed errori che si rimandano l’un l’altro senza interruzione, la verifica dei fatti, l’attendibilità dei dati ed il riscontro delle fonti restano un miraggio. E se Sciannamea porta come prova a sostegno della sua ipotesi di una cupola dorata che doveva sormontare il cortile un non precisato “detto popolare”, Tattolo[10] sbaglia nel datare l’unico documento federiciano riguardante Castel del Monte giunto in nostro possesso perché, nel citare il mandato, preferisce alla sua edizione ufficiale la lettura fornita da uno studioso locale nel 1914 che riportava appunto la data errata. Esempio questo di come nasca, si consolidi e si tramandi una notizia errata per il solo fatto di non aver avuto un rapporto diretto con le fonti e per l’uso disinvolto delle altrui citazioni.
Con i “desueti” strumenti della ricerca storica gli autori del volume curato da Raffaele Licinio mettono in risalto l’inattendibilità di queste teorie sfatando alcuni luoghi comuni, come quello dell’assenza di strutture difensive, e restituendo a Castel del Monte quella identità castellare da più parti negata. Costruito per essere abitato, il maniero federiciano ha attraversato sette secoli e mezzo partecipando, seppure a fasi alterne, alle vicende storiche della sua terra. Maglia fondamentale nell’organico sistema castellare realizzato dallo svevo per governare il territorio, Castel del Monte fu costruito probabilmente sullo stesso sito ove era una precedente fortificazione normanna andata nel frattempo in rovina, a poca distanza dalle principali vie di comunicazione del tempo, immersa in un tessuto di cellule produttive presenti nelle vicine campagne. Posto su di un colle a 540 metri sul livello del mare, dominava il territorio circostante comportandosi come “l’uomo in coffa” dei velieri che un tempo solcavano gli oceani, in comunicazione costante con i castelli del circondario. Splendido gioiello architettonico, autentica “pietrificazione di un’ideologia del potere”11 , doveva ricordare a tutti, con la sua forma ottagonale riproducente la corona imperiale sveva, la potenza del suo committente rimanendo, nella sua polivalenza funzionale, pur sempre un castello medievale.
Massimiliano Ambruoso
Coordinatore di un gruppo di ricerca su Castel del Monte

Note
1) Tavolaro, A. 1991. Astronomia e geometria nell’architettura di Castel del Monte, Bari: Edizioni Fratelli Laterza.
2) Vlora, N., Mongelli, G., Resta, M.S. 1988. Il segreto di Federico II (oltre il castello, oltre il monte), Bari: Congedo.
Vedi anche Vlora, N., Mongelli, G. 1995. Dalla valle del Nilo a Federico II di Svevia, Bari: Adda.
3) Sciannamea, G. 1996. Castel del Monte: un viaggio controluce, Bari: Adda.
4) A.A.V.v., 2001. Castel del Monte e il sistema castellare nella Puglia di Federico II, a cura di R. Licinio, Bari: Edizioni dal Sud.
5) Licinio, R., “Castel del Monte: un castello medievale”, e Ambruoso, M., “Castel del Monte: un tempio “virtuale”, entrambi in A.A.V.v., 2001. Castel del Monte e il sistema castellare nella Puglia di Federico II, a cura di R. Licinio, Bari: Edizioni dal Sud.
6) Tavolaro, A. 1974. Elementi di astronomia nell’architettura di Castel del Monte, Bari: Unione tipografica.
7) Tavolaro, A. 1991. Astronomia e geometria nell’architettura di Castel del Monte, Bari: Edizioni Fratelli Laterza.
8) Schirmer, W. 1995. “Castel del Monte: osservazioni sull’edificio”, in A.A.V.v. Federico II: immagine e potere (Catalogo della mostra a cura di M. S. Calò Mariani e R. Cassano, Bari 1995) Venezia: Marsilio.
9) Vlora, N., Mongelli, G., Resta, M. S. 1988. Il segreto di Federico II (oltre il castello, oltre il monte), Bari: Congedo.
10) Tattolo, G. 1996. Castel del Monte la leggenda, il mistero, Fasano: Schena , pp. 16 ss.